così lontano, così ticino
Regia e Drammaturgia Davide Marranchelli
con Davide Marranchelli e Marco Continanza
Spettacolo finalista a In-Box, rete di sostegno del teatro emergente italiano 2019
Eletto "dramma del mese” dalla rivista Dramma.it
Trentamila erano, a metà degli anni Settanta, i bambini italiani clandestini in Svizzera, sepolti vivi, per anni, nei loro bugigattoli alle periferie delle città industriali. Coi genitori che, terrorizzati dalle denunce dei vicini, raccomandavano loro: non fare rumore, non ridere, non giocare, non piangere. Il fenomeno dei Versteckte Kinder, bambini nascosti, è proseguito con numeri diversi fino agli anni ’90: bambini costretti a seguire in Svizzera i genitori lavoratori stagionali, ma, per legge clandestini, impossibilitati al ricongiungimento famigliare. Due di loro sono i protagonisti di questa commedia grigio/nera, cresciuti in una situazione di disagio, senza poter vedere la luce del sole, studiare, giocare al parco come i loro coetanei, ancora da adulti incapaci di conoscere i propri sentimenti e quelli altrui, tormentati da profonde paure, da un folle desiderio di rivalsa verso una Svizzera che non li voleva e che non li vuole ancora oggi. Il 25 settembre 2016, il Canton Ticino ha approvato, tramite referendum, l’articolo costituzionale “Prima i nostri”, che invita a privilegiare, nelle assunzioni, la manodopera indigena.
Cosa fare per vendicarsi, per dare un segnale forte, segnare una volta per tutte l’animo e l’opinione pubblica Svizzera?
Così lontano, così Ticino è il racconto di una follia che diventa realtà, un gioco teatrale che sviscera, esasperandolo, il rapporto controverso che hanno con la Svizzera i 60000 italiani che ogni giorno varcano il confine come frontalieri dalle ricche province del nord Italia, a cui vanno sommati i 500000 residenti stabilmente oltreconfine: la frustrazione e l’ammirazione dell’emigrante verso un paese che gli dà da mangiare e lo detesta allo stesso tempo.
Mai nome fu più azzeccato: Così lontano, così Ticino.
Attore 1 : Stefano Panzeri. Uomo sulla quarantina. O un po’ di più. Sguardo lesto e movenze decise. O un po’ di meno.
Attore 2 : Davide Marranchelli. Anche lui stessa fascia d’età. Ma non stesso sguardo. Quello sembra perso, timido, insicuro. Ma non fatevi ingannare: è lui lo chef d’oeuvre.
“Che cosa volevi fare?” tuona una voce categorica, in contrasto con la debole luce di una lampadina che penzola su un tavolo. Tutto fa presupporre che si tratti del nascondiglio di due criminali italiani, naturalizzati svizzeri, intenti a preparare un grande colpo. Ma subito questa supposizione crolla: Stefano e e Achille sono effettivamente due italiani a Lugano ma di criminale non hanno nulla. Sono due meccanici che probabilmente fino a quel momento avevano vissuto nel silenzio di un piccolo garage dove tra un pasto frugale e ordini per la clientela avevano cercato di esistere attraverso una app di incontri. Perennemente sul confine, non solo territoriale ma anche psicologico, dietro un’apparente normalità e inettitudine alla vita, si nasconde il fuoco del riscatto. Mai accettati in un territorio ostile, stranieri sin dalla nascita, italiani convinti e fieri della loro cultura, del loro modo di vivere e di pensare, capiscono che il momento è arrivato. Muniti di sarcasmo e idee utopiche cercano grossolanamente di buttarsi in progetti criminali, destinati a fallire sin dal principio: prima la rapina a mano armata in banca e poi il rapimento di un grande personaggio della cultura italiana, Mina. Il loro è un botta e risposta continuo che dà luogo a litigate sgangherate con cui fanno emergere, però, un’amicizia insolita, ma soprattutto vera e sincera. Attraverso dialoghi contraddittori e battibecchi infantili si va indietro nel tempo, si intuisce come dietro l’ironia sono celate storie profondamente tristi, due infanzie rubate, una solitudine infinita.
Non a caso i loro cuori si alleggeriscono come palloncini rossi con i versi delle canzoni della Tigre di Cremona, italianissima come la Monna Lisa. È quindi questo il ritratto contemporaneo di chi è costretto a migrare, anche clandestinamente? Questa storia dal sapore noir, dal suono di una comicità nostrana non poteva che rappresentare così realisticamente la vita apparentemente semplice di tanti stranieri costretti ad andare via; la voce degli italiani residenti in Canton Ticino, continuamente tagliati fuori da leggi che privilegiano i lavoratori autoctoni. Ma non solo, questo spettacolo ha dipinto sui nostri volti un sorriso amaro poiché non potevano che comparire nella mente tutte quelle persone che qui in Italia, purtroppo, continuano a sentirsi estranee e fuori luogo. Forse usciti dal teatro abbiamo imparato a metterci nei panni di tutti coloro che continuano a vivere nel silenzio dei loro nascondigli, sognando magari di “essere visti per caso”.
Ester Letizia Giammario - Teatro e Critica Lab



